I Canaloni del Farma

Dal punto di vista storico ed economico il Fiume Farma, ha rappresentato una linea di unione tra il mondo delle miniere, del bosco, della siderugia, del commercio dei metalli e dell’artigianato. Infatti lungo il Fiume Farma, grazie all’abbondanza d’acqua e di legname, erano ubicate numerose ferriere medievali, di alcune sono ancora riconoscibili i resti.

Nelle ferriere, mediante il processo denominato “a basso fuoco”, veniva fuso il minerale ferrifero proveniente dalle Colline Metallifere, dall’Isola d’Elba e da alcuni modesti giacimenti locali di ematite (ossido di ferro), vi si produceva la cosiddetta “spugna di ferro”, ossia un semilavorato che veniva poi commercializzato, anche in siti lontani dove, nelle officine dei fabbri, veniva rifuso e lavorato per trasformarlo in un prodotto finito.

La denominazione “canaloni” è probabilmente dovuta alla presenza di numerose profonde incisioni prodotte in milioni di anni dall’erosione dell’acqua sulle durissime rocce quarzose che qui affiorano.

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La suggestione del luogo è notevole, ci si trova improvvisamente di fronte ad enormi rocce grigie, tormentate dall’erosione e percorse da cascatelle che durante le piene diventano valanghe d’acqua, giunti in questo luogo ci si trova di fronte solo a rocce ed acqua, acqua e rocce.

Osservando con attenzione si vede come l’acqua abbia eroso le rocce metamorfiche della formazione geologica denominata “di Poggio al Carpino” di età permo- triassica (circa 250-200m.a.), nelle rocce grigie è possibile scorgere i frammenti rotondeggianti di quarzo di cui sono principalmente costituite, essi sono riconoscibili dal colore bianco latteo e, a volte, violetto, le loro dimensioni variano da pochi millimetri fino ad alcuni centimetri di diametro.

In alcune rocce lungo l’alveo si può osservare un particolare fenomeno erosivo, dovuto all’azione di vortici d’acqua che trascinano con se dei frammenti di roccia, i movimenti vorticosi, per abrasione, hanno prodotto sulle rocce delle suggestive forme concave circolari dette “Marmitte dei Giganti” per la loro somiglianza a delle grosse pignatte.

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